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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 9, II ordine, settore destro

I tanti rami della famiglia Oltrocchi
Primo proprietario del palco, dal 1778 al 1783 è il marchese Paolo Antonio Menafoglio (1728-1780), illuminista e membro dell’Accademia dei Pugni, figlio del più famoso omonimo Paolo Antonio (1700-1768), ricco banchiere, residente a Milano, tesoriere dello Stato e appaltatore della riscossione delle imposte nel ducato di Modena, il quale aveva fatto costruire a Biumo Superiore una “villa di delizia”. La villa, oggetto di dispute ereditarie, fu acquistata nel 1823 da Pompeo Litta Visconti Arese che affidò il compito di ristrutturarla e ampliarla all’architetto Luigi Canonica. Nel 1935 ebbe un nuovo proprietario, il conte Ernesto Panza di Biumo e quindi passò, per eredità nel 1956, al figlio Giuseppe che ne fece la sua residenza abituale. Giuseppe Panza, grande appassionato d’arte contemporanea, la trasformò nella sede della sua collezione d’arte americana della seconda metà del XX secolo e infine nel 2001 la donò al FAI.
Secondo proprietario del palco dal 1783 fu Carlo Francesco Albani (1749-1817) principe di Soriano nel Cimino, esponente della nobiltà papalina romana, ben inserito anche nei circoli aristocratici milanesi attraverso un’accorta politica matrimoniale inaugurata già dal nonno paterno, Gerolamo, che aveva sposato la marchesa Teresa Borromeo Arese. Albani convola a nozze nel 1783 con la contessa Teresa Casati (1770-1824), dalla quale ha tre figlie che sposeranno tre rappresentanti dell’élite aristocratica milanese: Antonia, il conte Carlo Litta di Castelbarco; Elena, il duca Pompeo Litta Visconti Arese; Beatrice, il marchese Luigi Vitaliano Paolucci, la cui madre a sua volta è una Borromeo Arese (Maddalena).
Durante il periodo napoleonico è registrato come utente del palco l’avvocato penalista Giuseppe Marocco (1773-1829), figlio di un orefice, all’epoca indiscusso principe del foro milanese, nominato dal viceré Eugenio di Beauharnais avvocato presso il Consiglio di Stato di Milano, il Consiglio dei titoli, la Corte di Cassazione e il Ministero della Giustizia; uomo di vasta cultura, filosofo del diritto e amante delle arti, fu tra gli estensori del Codice penale ticinese del 1816. Membro dell’Accademia dei Trasformati, fondò egli stesso una famosa accademia oratoria, ma non esitò ad abbandonare platealmente la professione in aspra polemica con il governo austriaco che aveva imposto una legislazione che mortificava i diritti della difesa.
Con le prime sconfitte di Napoleone, nel 1813 troviamo un nuovo proprietario in don Carlo Costa, coniugato con Marianna Oltrocchi, che però muore il 5 maggio dello stesso anno non lasciando eredi maggiorenni, poiché l’unica figlia, Ne, era morta prima del 1813. Solo nel 1821 la nipote Luigia Ferrari Oltrocchi (1796-1854) riesce a prenderne possesso, condividendone la proprietà per alcuni anni con i cugini di secondo grado Ignazio (1763-1832) e Carlo Giuseppe Crotti Oltrocchi, figli della prozia Adelaide Oltrocchi (1735-1810) sorella di Marianna. Luigia nel 1811 aveva sposato il conte Giuseppe Cassera (1784-1813) da cui aveva avuto Angiola e Giuseppe <2.> - che ereditarono dal padre il palco n° 12 del I ordine sinistro - e si sarebbe risposata nel 1822 con il conte Francesco Borgia (1794-1861) da cui avrà due figli, Alcmena e Cesare. Luigia detta l’iscrizione posta sul monumento funebre del nonno Carlo Costa: “sia eterno il riposo / al probo uomo Carlo Costa / caro e grato alla patria / morto alli V maggio / l’anno MDCCCXIII / al desiderato padre / della pianta genitrice / Luigia Cassera Ferrari Oltroccii / dedica questo monumento / di riconoscenza ed amore”.
Luigia fu amica intima di Stendhal, conosciuto durante il secondo soggiorno milanese dello scrittore (1814-1821), il quale nei Ricordi d’egotismo (1832) racconta come, innamorato non corrisposto di Metilde Viscontini Dembowski, finisse le serate “dall’affascinante e divina contessa Cassera… E per un’altra sciocchezza, una volta ho rifiutato di diventare l’amante di questa donna, la donna più adorabile forse che abbia conosciuto”.
Il palco è proprietà della stessa famiglia per cinque generazioni: della contessa Luigia sino al 1864 e dal 1865 del figlio, Cesare Borgia (1830-1907?) coniugato con Clementina Tarantola, quindi del nipote Francesco Borgia (1863-1924), sposato con la marchesa Eugenia Litta Modignani, che lo detiene, insieme al palco n° 10 del IV ordine sinistro ereditato dalla madre, fino al 1920, anno in cui i palchi vengono ceduti al Comune di Milano decretando, con la costituzione dell’Ente Autonomo Teatro alla Scala, la fine della proprietà privata.
(Antonio Schilirò)
 
Hanno posseduto questo palco:
Albani, Carlo Francesco
Borgia, Cesare
Borgia Ferrari Oltrocchi, Luigia, che ebbe anche: 12 1. ordine sinistro
Borgia, Francesco, che ebbe anche: 10 4. ordine sinistro
Costa, Carlo
Crotta Oltrocchi, Carlo Giuseppe
Crotta Oltrocchi, Ignazio
Marocco, Giuseppe
Menafoglio, Paolo Antonio
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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