Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920
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Epilogo |
La continuità di una storia secolare si interrompe nel 1920, con la costituzione dell’Ente autonomo Teatro alla Scala per un periodo di prova di nove anni.
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All’inizio di ogni stagione o serie di spettacoli a pagamento, l’Ente stabiliva i prezzi di cessione di ogni palco in abbonamento e ogni palchettista doveva
pagare questo prezzo per occupare il suo palco, come stabilito dai patti tra la Delegazione dei palchettisti e l’Ente ratificati il 3 novembre dal segretario del
Comune di Milano, l’avv. Gr. Uff. Enrico Mascheroni. Le parti concordano una stima affidata a tre periti, due di parte e uno scelto dal Comune e dai palchettisti,
che si conclude nel 1921: nel loro insieme, esclusi i due palchi demaniali (nn. 1-2, II ordine sinistro) e quello Reale, vengono valutati sette milioni e quindicimila lire.
Ogni palco ha un suo prezzo; a differenza di quanto era alla fondazione del teatro, il prezzo aumenta avvicinandosi alla zona centrale, perché migliore è la
visuale sulla scena; importa più vedere che essere visti.
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Il Regio Decreto del 26 febbraio 1928 N. 265, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 2 aprile 1928 N. 72, all’articolo 1 autorizza il Comune di Milano a chiedere
“l’esproprio per pubblica utilità” dei palchi e relativi camerini: il 17 giugno 1929 verrà convertito nella legge N. 1163, pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 1929 N. 167: “Il prefetto di Milano è incaricato di emanare i singoli decreti di esproprio con l’indicazione
della somma di indennità dovuta a ogni palchettista… Non è ammessa alcuna impugnativa …”. Alcuni palchettisti cedono subito la
proprietà, altri, come i Visconti di Modrone, lo faranno al limite del tempo loro concesso.
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Si chiude definitivamente una storia durata 150 anni e se ne apre un’altra, ormai quasi centenaria.
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Pinuccia Carrer
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