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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 6, II ordine, settore destro

Il palco Mondolfo
La storia del palco ha inizio con Innocenza (o Innocenta o Innocente) Arconati Visconti Casati (?-1794), figlia di Gerolamo Casati, conte di Borgolavezzaro, e di Antonia Casati, coniugata dal 1744 con il conte Galeazzo Arconati Visconti. Comproprietaria del palco fu sin dall’anno successivo la sorella minore di Innocenza, Maria (morta nel 1798) che nel 1764 si era unita in matrimonio con il marchese Don Francesco Maria Casnedi.
Durante il periodo napoleonico il palco - similmente a quanto avvenne anche a molti altri nel Teatro alla Scala in quegli anni - cambiò “utenti”. Nel 1809 troviamo qui il celebre pittore Andrea Appiani (1754-1817), figlio di Antonio e Maria Liverti e fratello di quel Francesco, giurista, titolare del palco n° 7 del III ordine sinistro, ereditato poi dai suoi figli Giovanni, Giuseppe e Alberico. Andrea, convinto sostenitore di Napoleone, riuscì ad entrare nelle grazie dell’ambizioso generale che poté ritrarre nelle vesti di Re d’Italia, ma fu anche testimone della vita musicale milanese e scaligera, come testimoniano ad esempio i ritratti di Alessandro Rolla, della cantante Carolina Angiolini e dello scenografo Paolo Landriani. Assieme ad Andrea Appiani era presente nel palco lo spagnolo Gaetano Rodriguez, tecnico dell’industria serica lavorata con i nuovi metodi, il cui ritratto campeggia alla Pinacoteca di Brera accanto a quello di Vincenzo Monti. Dopo il colpo apoplettico che colpì il pittore nel 1813, rendendolo praticamente inabile, Rodriguez rimase intestatario sino al 1822, quando il palco venne ereditato dalla moglie Rosa.
Dopo essere appartenuto dal 1825 al 1845 ad Aurelio Banfi, cancelliere delle dogane, impiegato del ministero della guerra “affettuosissimo amico” di Silvio Pellico ai tempi dello Spielberg, nel 1846 il palco passò al marchese Paolo Rescalli, figlio di Alessandro (1786-1843), già palchettista - aveva il n° 11 del IV ordine destro - e marito di Anna Gropallo. Scienziato e imprenditore, il marchese impegnò il denaro di famiglia nelle miniere di lignite, nelle imprese ferroviarie e nell’illuminazione pubblica urbana. Non fu però un abile amministratore dei propri capitali: perse ad esempio una causa contro la ditta Andrea Ponti, che figura intestataria del palco n° 5 del II ordine sinistro dal 1834 al 1846. Gli amici milanesi, ci racconta Carlo Dossi nelle sue Note azzurre, dicevano che la sua divisa era «vivere ricchi e morire in perfetta bolletta».
Nel 1863 a Paolo Rescalli, ultimo esponente della sua dinastia, successe Sebastiano Mondolfo (1796–1873), nato Sabato Levi Mondolfo, banchiere di fama e già proprietario dal 1842 del palco n° 9 del III ordine destro, insignito del titolo di conte nel 1864. Egli apparteneva a quel nutrito gruppo di palchettisti di estrazione borghese che per merito di uno spiccato senso degli affari riuscirono ad affermarsi nella società milanese, talvolta (come in questo caso) ottenendo anche un titolo nobiliare. Per tutti loro avere un palco alla Scala doveva rappresentare il simbolo del nuovo status, un vero e proprio biglietto da visita per essere ammessi negli ambienti più esclusivi della città lombarda. Discendente da una famiglia di ricchi commercianti ebrei originari di Ragusa (Dubrovnick) in Croazia, trapiantatisi nella multiculturale e multietnica Trieste asburgica, Sebastiano Mondolfo si trasferì sin dagli anni Trenta a Milano e si convertì al cattolicesimo per unirsi in matrimonio con Enrichetta PolastriEnrichetta Mondolfo Polastri, che da ballerina di mezzo carattere, attiva sulle scene milanesi nei balli che interpolavano le opere di RossiniGioachino Rossini, BelliniVincenzo Bellini, DonizettiGaetano Donizetti e altri, divenne nobildonna attiva nella beneficenza, sempre vicina al consorte nella promozione di iniziative filantropiche. Il nome di Mondolfo, presidente della Società Lariana di Navigazione, fra i rappresentanti e finanziatori della Società per la costruzione e gestione delle Ferrovie Lombardo-Venete, è legato indissolubilmente alla storia dell’Istituto dei ciechi. Amico di Michele Barozzi, fondatore della prima Casa dei ciechi in San Vincenzo in Prato, sostenne finanziariamente l’acquisto della sede di Corso di Porta Nuova 7; dell’Istituto fu presidente dal 1867 sino alla morte, permettendo con il suo consistente lascito testamentario la costruzione dell’attuale palazzo di via Vivaio, inaugurata nel 1892. E ancora porta il nome di Mondolfo l’Asilo inaugurato nel 1877 e destinato all’assistenza e all’istruzione dei ciechi poveri privi di occupazione, sede di saggi e beneficiate musicali che ottennero successi presso la cittadinanza e ampi riscontri nei giornali come la Gazzetta Musicale o il Corriere delle dame. Per la moglie acquistò nel 1853 dai marchesi Rosales (anch’essi palchettisti del n° 8 del II ordine sinistro) il castello e le terre di Monguzzo in Brianza (Como), divenendo sindaco della cittadina tra il 1868 e il 1872 e promuovendo le scuole per i lavoratori del circondario.
Il castello, i possedimenti terrieri, la casa sul borgo di Porta Orientale 728, le ville briantee e naturalmente il palco scaligero furono ereditati dalla moglie Enrichetta Polastri (1810-1882), che alla sua morte venne ricordata sul giornale Il Pungolo con queste parole “Fu donna benefica e pia, e seppe nella sua vita cattivarsi la riconoscenza, l’amore, il rispetto di tutti”.
Il palco nel 1885 verrà intestato ad un’altra Enrichetta, nipote dei Mondolfo, Enrichetta Lodigiani (1860-1926), sposata con matrimonio civile nel 1879 al barone Ferdinando Luppis de Rammer, nobile della Dalmazia (nato a Parenzo). L’armonia coniugale si incrinò presto per spezzarsi dopo la morte precoce dell’unico figlio Giovanni (1880-1898) ed Enrichetta si separò legalmente dal barone nel 1904 dopo una lunga causa; nelle guide Savallo verrà citata semplicemente come Lodigiani Enrichetta, senza il titolo di baronessa. È lei l’ultima proprietaria del palco nel 1920, quando si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.
(Lorenzo Paparazzo)
 
Hanno posseduto questo palco:
Appiani, Andrea
Arconati Visconti Casati, Innocenza
Banfi, Aurelio
Casnedi Casati, Maria
Luppis de Rammer Lodigiani, Enrichetta
Mondolfo Polastri, Enrichetta
Mondolfo, Sebastiano, che ebbe anche: 9 3. ordine destro
Rescalli, Paolo Gerolamo, che ebbe anche: 11 4. ordine sinistro
Rodriguez, Gaetano
Rodriguez, Rosa
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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