Logo Urfm
Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 7, II ordine, settore destro

Personaggi noti, semisconosciuti, da riscoprire
Il primo proprietario del palco è il conte Luigi Trotti (1721-1796), che nasce dalle seconde nozze di Gian Battista con Giulia, figlia di Giovanni Battista Seccoborella feudatario e conte di Vimercate. Luigi nel 1742 si sposerà con sua cugina Teresa, del conte Francesco Oppizzoni. Personaggio di primo piano nella Milano teresiana, continuò ad esserlo durante l´impero di Giuseppe II, che lo nominò presidente dei Luoghi Pii Elimosinieri, essendo lui già stato decurione, generale della milizia e viceprefetto della Casa di correzione per i reati minori in Porta Nuova. Trotti nella sua casa in via Brera, così come nella villa materna di Vimercate, aveva ospitato Ruggero Boscovich, direttore dell´Osservatorio astronomico di Brera.
Dal 1809 utente del palco è il conte Costanzo Porta di Novara (1753-1829), detto Costantino. Ultimo erede di una ricca famiglia dell’alta borghesia novarese che, a partire da Giuseppe Antonio, nonno di Costanzo, portava la qualifica di “nobile”, rivendicando legami con l’antichissima e nobilissima famiglia novarese dei Della Porta con cui i Porta, che erano originari di Trecate, non avevano alcuna parentela. Di fatto però i Porta avevano raggiunto, grazie alle loro ricchezze, una posizione sociale elevatissima ed erano imparentati con le nobili famiglie novaresi dei Tornielli, dei Morbio e dei Cattaneo; Costanzo prese il suo nome dal nonno materno, il conte Costanzo Tornielli di Vergano. Certamente Costanzo Porta non ebbe diritto al titolo di conte che non risulta peraltro mai usato in atti pubblici.
Alla sua morte lasciò eredi i nobili Bollini, figli della cugina Francesca Morbio, con un generosissimo lascito per l’Ospedale Maggiore di Novara che gli eresse un busto nel cortile d’onore; anche il comune di Novara dedicò al benefattore una via cittadina. Illustrativa della personalità del palchettista è la proprietà che con testamento «legò all’ospedale maggiore di Novara, un possedimento con una sorgente d’acqua perenne nel luogo e territorio di Landonia, dell’annua rendita netta di L. 8700, che volle fosse convertita in soccorso degli affitti da morbi cronici, che non sono dall’ospedale ricoverati, ed in soccorso alle famiglie bisognevoli». Se, assieme ad altri nobili del suo tempo, certamente contribuì al miglioramento delle strutture e dei servizi dell’ospedale novarese è pur vero che proprio con la comunità di Landonia aprì un duro contenzioso che determinò una frattura con gli abitanti ma che si risolse a proprio favore. Oggi la proprietà è stata trasformata in un agriturismo.
Dal 1823 al 1830 il palco è acquisito da don Antonio Torrassi, mentre dal 1831 al 1834 il palco è intestato ad Antonio Rejna, dal 1806 assessore e giudice di pace, poi podestà di Gallarate, al cui ospedale lasciò una cospicua donazione per legato testamentario.
Dal 1835 la proprietà del palco passa a Cristoforo Bellotti (1876-1856), ingegnere e architetto, figlio del notaio Giovanni Pietro e di Maria Vandoni, coniugato con Orsola Stabilini, fratello di Pietro padre di Cristoforo <2.>. Appassionato d´arte, donò all’Accademia di Brera quella che è ritenuta una fra le migliori copie dell’Ultima cena di Leonardo, realizzata da Marco D’Oggiono nel vecchio convento dei Monaci Gerolimini di Castellazzo, a poca distanza da Milano; abitante in contrada del Monte 870, nel 1838 compare nell’elenco dei benefattori degli Asili di Carità per l’infanzia di Milano.
Dal 1840 fino al 1920 un’importante famiglia ebraica tiene il possesso del palco: i Leonino Sacerdote. Primo proprietario è Emanuele Leonino Sacerdote (1790-1871), fratello di Abram Davide, Samuele e Ippolito, che fa parte di quell’ampia schiera di israeliti emigrati in Lombardia con la seconda dominazione austriaca. Banchiere e negoziante, originario del Monferrato, dopo aver vissuto a Genova fino al 1839 si stabilì a Milano chiedendo, nei primi mesi del 1840, di divenire suddito austriaco. Appena giunto nel capoluogo ambrosiano il banchiere «comperò una casa per la sua abitazione in città, fece l’acquisto di molti fondi per l’ammontare di dodicimila pertiche di terra ed entrò in società della grandiosa Raffineria privilegiata di zuccheri condotta a Milano dal signor Calderara». Già nel 1848 i due soci «dichiararono cessata la loro ragione sociale per la raffineria degli zuccari, alla Cavalchina 1428» (Maifreda).
Emanuele, assieme al fratello Samuele, fu creato barone nel 1864 per atti di beneficenza . Nel 1848 il feldmaresciallo Radetzky impose un prestito forzoso su tutti i profitti di attività, e in quell’occasione Emanuele fu l’imprenditore milanese in assoluto più tassato, versando da solo il 4,5% del totale delle entrate. Quando, verso la fine della dominazione asburgica, le autorità di Vienna decisero di far fronte alla crisi economica sul territorio istituendo a Milano una banca di sconto ed emissione, la futura Banca commerciale lombarda, Emanuele ne divenne uno dei più importanti azionisti. Più tardi fu poi il quarto maggior possidente milanese, investendo tutte le sue fortune, valutate 3.338.509 lire, in immobili. Quando tra il 1862 e il 1890 la maggior parte degli investimenti convogliavano verso il mercato azionario solo tre delle fortune dei possidenti milionari, tra queste quelle di Davide e Emanuele, assieme a quella di Angelo Cantoni, non annoveravano azioni o obbligazioni. Con i maggiori esponenti della comunità ebraica di Milano, firmò` una lettera di plauso al governo provvisorio il 2 aprile 1848. Fu socio promotore della cassa d’incoraggiamento Arti e Mestieri di Milano nel 1847 e nella seconda meta` dell’Ottocento risulta disporre di un patrimonio personale di 1.000.360 lire.
Nel 1873 il palco passa nelle mani del cavalier Ippolito Leonino Sacerdote (?-1877), fratello di Emanuele. A Londra aveva sposato nel 1841 Hannah di Benjamin Barent Cohen. Ippolito in Inghilterra ottenne la qualifica di Esquire, titolo che veniva dato dall’opinione pubblica a chi non aveva titoli ereditari ma possedimenti terrieri o un alto incarico o alto rango. Un dispaccio cifrato del 18 agosto 1856 del conte di Cavour all’ambasciatore a Londra Emanuele d’Azeglio dimostra l’importanza ed il rilievo dei Leonino nella capitale inglese: «Tâchez d’engager Hambro, Heath, ou Leonino de recevoir les souscriptions pour les 100 canons». Direttore della Universal Marine Insurance company fondata nel 1860, quando il 2 giugno 1863 fu costituita con atto notarile William Webb Ween Junior la società “Regia compagnia delle Ferrovie di Sardegna” con capitale sociale di un milione di sterline, diviso in 50.000 azioni, fu uno dei rappresentanti della parte azionaria inglese a sedere nel consiglio di amministrazione. Nel 1867 fu nominato consigliere d’amministrazione della Anglo-Italian Bank.
Dal 1878, la proprietà del palco passa nelle mani della baronessa Nina Giuditta Alatri moglie di Charles Emanuel Leonino Sacerdote. Quest’ultimo, figlio di Ippolito, il 5 maggio 1904 fu testimone di nozze al matrimonio tra Emanuele Ricordi, figlio di Giulio, e Carla Gugelloni. Alla morte di Nina Giuditta il palco passerà, fino alla costituzione dell´Ente autonomo Teatro alla Scala (1920), nelle mani di Alfredo Davide Leonino (1865-1924), fratello di Charles Emanuel Leonino Sacerdote.
(Maurizio Tassoni)
 
Hanno posseduto questo palco:
Bellotti, Cristoforo <1.>, che ebbe anche: 7 1. ordine destro
Leonino Alatri, Nina Giuditta, che ebbe anche: 15 2. ordine destro
Leonino, Alfredo Davide, che ebbe anche: 15 2. ordine destro
Leonino Sacerdote, Emanuele
Leonino Sacerdote, Ippolito
Porta, Costanzo
Rejna, Antonio, che ebbe anche: 8 3. ordine sinistro
Torrassi, Antonio
Trotti, Luigi, che ebbe anche: 8 2. ordine destro
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
Cerca:
Cerca nelle storie:
Autori delle storie: