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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 10, IV ordine, settore destro

Storie di una Milano dinamica
Tra tendaggi, specchi, poltrone e damaschi, i palchettisti sono il cuore pulsante di una straordinaria polifonia di eventi che fa del Teatro alla Scala lo specchio della città.
Proprio nell’anno dell’inaugurazione, nella primavera del 1778, i palchi di IV ordine vengono messi all’asta: quelli riservati ai proprietari che avevano rinunciato a un palco al Teatro Piccolo “della Canobbiana” sono venduti al prezzo fisso di 3.500 Lire imperiali, gli altri a cifre da capogiro per l’epoca; ma i palchettisti sono ricchi, anche se non necessariamente di sangue blu. Ricco è il primo proprietario del n° 10, Giovanni Battista Barchetta (1728-1807), capomastro e socio dell’impresa dei fratelli Fè e, come questi ultimi, originario del Canton Ticino.
Importanti le opere realizzate con l’apporto di Barchetta, ad esempio la costruzione del naviglio di Paderno d’Adda o il canale Redefossi. Il capomastro viene escluso però dall’appalto più prestigioso, quello del Teatro alla Scala, ottenuto da Nosetti, Fè e Marliani. Cosa non gradita dal Barchetta che svela in una Memoria confidenziale [...] sulle mangerie che si fanno sulle strade le manovre per gonfiare gli utili degli ex soci d’impresa.
Tipo originale questo “oriundo di Barca” stando alla biografia tracciata da Pietro Canetta, archivista degli Istituti Ospitalieri (Milano, 1887, p. 212): “Barchetta Giovanni Battista, capomastro, oriundo di Barca, stato Svizzero, figlio di Francesco, mori vedovo di Lucia Succhini il 15 aprile 1807, in Milano nella casa in via di S. Radegonda al N. 5254 d’anni 79 istituendo erede con testamento del 21 agosto 1806 per una metà l’unica di lui figlia Anna Maria e per l’altra metà l’Ospedale. II movente d’aver privato la figlia di una metà della sostanza va ricavato nel fatto che essa sposò, contrariamento alia volontà del padre, un tale Alberganti. Ci volle del bello e del buono per combinare durante la di lui vita un riavvicinamento che non la voleva più vedere. E non ebbe poi tutti i torti, se l’Alberganti, dopo di avere accuditi a diversi affari del suocero, fuggì con altra donna lasciando a Milano la moglie con una figlia con scarsi mezzi di sussistenza. L’Ospedale però tenne conto dello stato disgraziato della detta figlia rinunciandole le ragioni ereditarie contro il pagamento di L. 9000.”.
Al di là delle parentesi legata all’anno 1809, che vede nel palco la Società di Antonio Ricci, e 1810 (utente Maria Sopransi Bellerio), nel 1813 e nel 1814 figurano intestatari gli eredi Barchetta; è possibile che per racimolare la non lieve cifra richiesta dall’Ospedale, Anna Maria abbia venduto il palco alla successiva proprietaria Madama Carolina Ferrario “dell’Ingegnere”: si tratta di Carolina Alberganti, moglie dell’ingegnere civile Carlo Ferrario, abitante in contrada di Brera. Il palco rimane a Carolina sino al 1839, per poi giacere in eredità fino al 1844 quando passa ad altri componenti della famiglia, (Francesco e fratelli Ferrario, Virginio Ferrario, Clementina Ferrario Marinoni) intestatari sino al 1874.
Solo èer l´anno 1875 compare Fulvio Vernazzi, commerciante in tessuti con negozio in corso Vittorio Emanuele, espositore nel padiglione tessile all’Expo 1871; a lui succede per più di un decennio il ricco Francesco Grisi (1831-1888) titolare in piazza Mercanti 28 di una banca specializzata nel cambio di valute. Gli eredi Grisi lasciano il palco dal 1892 ad Ausano Lazzaroni, figlio di Pietro e Antonietta, la figlia di Ausano Ramazzotti l’inventore del famoso Amaro; Ausano Lazzaroni (1842-1916 o 17), così chiamato in onore del nonno materno, non è del ramo degli speziali da cui discende la nota fabbrica dolciaria. È titolare dell’omonima ditta Ausano Lazzaroni filati, cucirini di seta. Milano, via Manzoni, 5, ditta che - si specifica nelle Guide cittadine - “attende all’industria dei filati di seta e specialmente dell’articolo cucirino che comprende ogni sorta di filo occorrente per cucire a mano come a macchina, per ricamo, passamaneria, frange, tricotteria, bonetteria, pizzi, ecc.“. Ausano prosegue l’attività paterna, divenendo titolare di una delle più importanti filande d’Italia, situata a Treviglio. Come imprenditore incrementa la produzione e i capitali vivendo un momento particoclarmente critico durante lo sciopero delle operaie (50 le fanciulle) della fabbrica di Gessate. Consigliere comunale tra il 1890 e il 1894, con sindaci Negri e Bellinzaghi, benefattore, offrì quote per la fondazione del “Laboratorio della Provvidenza Operaia”e per la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente.
La passione di Ausano fu però la montagna; delle sue scalate narra il Bollettino del Club Alpino Italiano, di cui era socio come altri palchettisti. La sepoltura al Cimitero Monumentale corona la vita di quello che fu ritenuto un “benemerito cittadino”.
Il palco avrebbe dovuto passare agli eredi di Ausano ma nel 1920, anno della costituzione dell´Ente autonomo Teatro alla Scala, venne espropriato dal Comune come tutti gli altri palchi che, da allora, non furono più proprietà di singoli ma a disposizione del miglior offerente per abbonamenti o biglietti d´ingresso.
(Pinuccia Carrer)
 
Hanno posseduto questo palco:
Barchetta, Giovanni Battista
Bellerio Sopransi, Maria, che ebbe anche: 16 1. ordine destro
Ferrario Alberganti, Carolina
Ferrario, Francesco
Ferrario, Virginio
Grisi, Francesco
Lazzaroni, Ausano
Marinoni Ferrario, Clementina
Veneziani Ricci, Antonio, che ebbe anche: 11 4. ordine destro; 12 1. ordine sinistro
Vernazzi, Fulvio
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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