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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 16, IV ordine, settore destro

Un palco da romanzo
Il Dottore Giovanni Antonio Agrati compra il palco il 30 marzo 1778 per 6050 lire imperiali; i suoi figli Carlo e Luigi lo ereditano nel 1790, come dichiara il testamento nuncupativo redatto dal notaio Ginelli comproprietario sino al 1796. All’alba della Repubblica Cisalpina e nel periodo napoleonico compare utente del palco la famiglia Brasca, denominata in seguito Casa Brasca. Si tratta della casata Brasca Visconti Daverio, nata, come succede spesso nelle linee di successioni, per addizione di cognomi: in questo caso, la fusione si deve a Francesco Visconti che nel 1693 aveva istituito erede il nipote Cesare Brasca che a sua volta, avendo sposato la marchesa Bianca Daverio, e non avendo figli maschi, lasciò ai nipoti il cognome, i possedimenti e un onere, la primogenitura.
Verso la fine del loro ventennale possesso, nel 1844, le fonti precisano un nome, quello di Marianna Brasca Visconti Torelli, coniugata al marchese Francesco Torelli che “già militante negli eserciti austriaci, guardia onoraria al re sardo, cavaliere stefaniano di Toscana, pio eminentemente giusto in tutto il suo vivere, estinto da lungo acerbo male con animo forte tollerato” veniva seppellito nel Foppone di Porta Romana il 29 luglio 1825, con il compianto della vedova e delle due figlie, Anna Maria Adelaide e Carolina. L’epigrafe funeraria è quella di uno dei tanti cimiteri milanesi soppressi per far spazio all’espansione urbana; Giuseppe Casati, impiegato municipale, trascrisse una ad una le lapidi dall’origine sino al 1845 in una serie di volumi, frammentaria testimonianza di vita di molti cittadini altrimenti ignoti.
Detenere la proprietà di un palco non voleva dire necessariamente andare a tutti gli spettacoli. Periodicamente infatti i palchettisti attraverso Avvisi pubblicati sulla Gazzetta privilegiata oppure col passa parola cercavano di subaffittare il proprio palco. Nel 1833, per esempio, sul numero del 2 dicembre, fol. 1466, si legge: si vuol affittare ed anche vendere il palco nell’I.R.Teatro alla Scala n° 16, quarta fila entrando, mediante asta amichevole da tenersi il giorno 9 dicembre 1833, alle ore 11 antimeridiane, nello studio della illustrissima casa Brasca Visconti Daverio all’Olmetto di S. Alessandro 3958, ove sono ostensibili i relativi capitoli in ogni giorno feriale dalle ore 10 antimeridiane alle 3 pomeridiane.
Qualcuno potrebbe aver affittato il palco ma nessuno lo acquistò perché i Brasca rimasero titolari sino al 1848. Sappiamo che dopo questo fatidico anno di moti antiasburgici, i proprietari dei palchi non verranno più censiti nei vari almanacchi o nelle guide di Milano, per ritorsione governativa verso i patrioti, molti dei quali rintracciabili tra i palchettisti scaligeri: essi verranno nuovamente citati a partire dal 1856. Il palco di casa Brasca sarà da quell’anno proprietà del ragioniere Carlo Figini, cui i Torelli, avendo avuto solo figlie femmine, trasmisero il cognome. Abitante in contrada della Spiga 1392, si dedica ad opere benefiche che non sfuggono ai giornali del tempo: il quotidiano La Perseveranza del 27 dicembre 1881 ci informa che il signor ragioniere Carlo Figini-Torelli, testè defunto [era morto il 3 maggio], con suo testamento olografo del 8 dicembre 1879 legò lire cinquecento all’Istituto dei sordo-muti poveri di campagna, fondato nel 1853 come appendice dell’ Istituto per sordomuti nato a Milano nel 1805. Vide promotore e primo presidente il conte Paolo Taverna, legato in qualche modo al Figini perché la figlia di Marianna Brasca, Carolina Torelli, aveva sposato un Taverna; i lasciti testamentari di Carolina erano legati all’Istituto dei ciechi. Insomma un circuito milanese di solidarietà sociale che trova nei palchi scaligeri un luogo di incontro e di confronto.
Dopo il Figini-Torelli, dal 1866 agli anni Novanta il palco va ai Valtorta, prima a Giovanni Battista (morto nel 1875), negoziante in filati e manifatture diverse, con recapito in via Bossi 4, iscritto alla Camera di commercio ed arti di Milano, e dopo di lui ai figli che gestiscono la ditta (è ancora attiva a fine secolo) trasformandola in import-export. I figli sono Carlo, industriale e imprenditore, e Cesare che ci appare - una curiosità - nella lista degli abbonati a Le prime letture, periodico per giovinetti fondato da Luigi Sailer, pedagogista, attivo all’orfanotrofio dei Martinitt, narratore della prima storia de La casa dei ciechi ma universalmente noto per la sua vispa Teresa, divenuta assai più famosa di lui.
Nel 1892 il palco passa a Francesco Riva Cavenaghi, ricco commerciante in articoli di selleria con recapito in via Pantano 15. Egli intesserà una relazione amorosa extra-coniugale con una sua lavorante, Sofia Greppi, che si batterà a lungo, in processi registrati dal Monitore dei tribunali, per vedere riconosciuta la posizione di erede sua e dei tre figli naturali; alla fine ottiene un cospicuo patrimonio che devolve all’Ospedale Maggiore e il palco che detiene ufficialmente dal 1917 al 1920, anno in cui si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune inizia l´esproprio.
(Pinuccia Carrer)
 
Hanno posseduto questo palco:
Agrati, Carlo
Agrati, Giovanni Antonio
Agrati, Luigi
Brasca Visconti, famiglia
Figini, Carlo
Giletti, Giovanni Battista
Greppi, Sofia
Riva Cavenaghi, Francesco
Torelli Brasca Visconti, Marianna
Valtorta, Carlo
Valtorta, Cesare
Valtorta, Giovanni Battista
Vitali Torelli, Anna Maria
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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