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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 14, II ordine, settore sinistro

Il palco della “più antica amica” di Giuseppe Verdi
La personalità che sicuramente emerge tra tutti i palchettisti del n° 14 è quella di Giuseppina Morosini, forte presenza femminile dell’Ottocento italiano per il suo attivismo risorgimentale, per la sua fede garibaldina e per i suoi carteggi con compositori del calibro di Giuseppe Verdi. Giuseppina ha poi inciso profondamente, con afflato filantropico, sulla Milano post-unitaria. Ricostruire la storia del palco è come ricostruire la storia della città, e non solo.
Primi proprietari furono Lorenzo Taverna (1719-1794), figlio di Costanzo e Teresa Visconti e conte di Landriano (Pavia), e sua moglie, con la quale era sposato dal 1747, Anna Lonati Visconti (1729-1792), figlia del marchese Carlo e di Maria Antonia Bellisomi. Il conte Lorenzo fece parte di alcune importanti istituzioni della città di Milano: fu membro del Consiglio generale dei 60 Decurioni nel 1753 e della magistratura dei 12 di Provvisione nel 1757 e nel 1759.
I Taverna lasciarono il palco alla famiglia Porro Carcano, dapprima per tre soli anni (dal 1782 al 1784, dal 1785 al 1789 compare ancora proprietaria Anna Lonati Visconti) e poi definitivamente a partire dal 1790. Ne divenne proprietario il marchese Giorgio Porro Carcano (1729–1790), figlio di Berardo e Elisabetta Pozzobonelli: il marchese sposò in prime nozze nel 1768 Maria Odescalchi e in seconde nel 1779 Maria Margherita Borromeo Arese.
Nel 1809 e nel 1810 utilizza il palco il nobile Alessandro Terzaghi, marchese di Gorla Maggiore, benefattore illuminato, che diverrà proprietario dal 1823 di un altro palco n° 14 “nella prima fila alla destra entrando”.
Nel 1813 tornano nuovamente i Porro Carcano, nella persona del conte Gilberto (1751-1837), figlio di secondo letto di Giorgio.
Nel 1825 e nell’anno seguente intestataria è Lucia Pallavicini Ala Ponzone (1772-1846), figlia di Gianfrancesco Ala Ponzone e Paola Cattaneo, coniugata con il marchese Antonio Pallavicini; compare tra le dame di palazzo “né moglie né vedova di Consiglieri intimi o Ciambellani” nel complicatissimo e rigidissimo cerimoniale di corte di Sua Maestà e Regina Carlotta Augusta. Ancora una Pallavicini succede a Lucia: è Teresa Pallavicini Barbò (1779-1830) rimasta famosa per la lussuosa villa che volle costruire a Monza - concorde il marito Girolamo - villa che dal 1935 ad oggi è sede del Collegio Guastalla. La contessa appare intestataria dal 1827 al 1831, ancora un anno dopo la sua morte; nella storia dei palchi scaligeri, un proprietario poteva mantenere la titolarità anche qualche anno successivo alla sua morte, finché non veniva comunicato ufficialmente il passaggio di proprietà o di intestazione.
Dal 1832 al 1848 il palco passò nelle mani di Gaetana Abrami moglie e poi vedova di Francesco Prati, dama di carità con un passato di ballerina tra La Scala e La Fenice, ai tempi di Salvatore Viganò e della famosa coppia Giovanni e Teresa Coralli.
Dopo i moti risorgimentali, quando le fonti riprendono a elencare i proprietari dei palchi scaligeri, troviamo il nome del conte dottore ingegnere Alessandro Negroni Prati (1809–1870), sposato nel 1851 con Giuseppina Morosini (1824–1909), che subentra al marito nel 1873.
Giuseppina riceve un’educazione “patriottica” dalla madre Emilia Maria Magdalena Taddhea Zeltner (il padre, Giovanni Battista, membro del Consiglio di stato del Ticino, chiederà addirittura la cittadinanza austriaca, in aperta antitesi con le tendenze politiche della consorte, salonnière dalla personalità forte e indipendente) nella villa di Vezia, nei pressi di Lugano. Qui saranno ospiti patrioti esuli, teorici del pensiero repubblicano e liberale, esponenti del dissenso anti-asburgico. Giuseppina vive e cresce tra Vezia e Milano con le sorelle Luigia, Annetta, Carolina, Cristina, e con il fratello Emilio condividendo le passioni liberali della madre e prendendo parte attiva alla preparazione dei moti milanesi del 1848. Emilio morì, come Luciano Manara e Enrico Dandolo, nel 1849 dopo la breccia di porta Pia a Roma, lasciando così Giuseppina padrona della villa di Vezia, ereditata da lei e dal marito Alessandro Negroni Prati dopo la morte dei genitori, oggi ancora nota come Villa Negroni. In quegli anni, Villa Negroni divenne il porto sicuro di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Cesare Correnti, Carlo Cattaneo, Cesare Giulini, Francesco Restelli, Federico Bellazzi e tanti altri sostenitori delle aspirazioni indipendentiste e unitarie degli Italiani; Giuseppina sostenne in prima persona la spedizione dei Mille. Oltre che con i patrioti e i politici, la contessa Morosini ebbe contatti diretti con i protagonisti dell’ottocento artistico milanese e non solo: basti dire che Andrea Maffei scrisse l’ode per il suo matrimonio e che Francesco Hayez la ritrasse nel 1853; assai noti i due ritratti della figlia dei coniugi Negroni-Prato, Antonietta, dipinta da Hayez prima da bambina e poi da adulta, in due quadri considerati tra i capolavori del pittore.
E poi, Giuseppe Verdi: il compositore intrattenne con Giuseppina e con tutta la famiglia Morosini – iniziando dalla madre Emilia – una corrispondenza datata tra il 1842 (sono gli anni del Nabucco) e il 1901, anno della morte; un arco cronologico tra i più ampi dell’intero epistolario verdiano. Giuseppina, che assistette dal palco a tutte le prime scaligere delle opere verdiane, era considerata dal compositore “la più antica amica”; la contessa Morosini aveva intuito precocemente la portata storica del linguaggio verdiano. Così come aveva intuito il valore di Arrigo Boito: dal palco, assistette alla prima di Mefistofele.
La nobildonna fu anche tra i cofondatori del giornale politico La Perseveranza, pubblicato a Milano dal 1860; a riprova della notorietà ma anche della stima cittadina si leggano i necrologi che comparvero anche sulla nota rivista edita da Ricordi “Ars et labor”. Ormai vedova di Alessandro Negroni Prati, Giuseppina ricevette nel 1886, direttamente da Re Umberto I, il titolo di contessa, trasmissibile al figlio Giovanni Antonio Negroni Prati Morosini (1861-1932), che condivise il palco con il fratello minore Vincenzo (un terzo fratello, Emilio, era morto a pochi mesi dalla nascita); dopo la morte di Vincenzo, appena ventenne, Govanni Antonio rimase unico proprietario sino al 1920, quando si costituì l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano iniziò l´esproprio dei palchi privati.
(Lorenzo Paparazzo)
 
Hanno posseduto questo palco:
Barbò Pallavicini, Teresa, che ebbe anche: 9 2. ordine sinistro; 17 3. ordine sinistro
Negroni Prati, Alessandro
Negroni Prati Morosini, Giovanni Antonio
Negroni Prati Morosini, Giuseppina
Negroni Prati Morosini, Vincenzo
Pallavicini Ala Ponzone, Lucia, che ebbe anche: 13 1. ordine destro
Porro Carcano, Gilberto
Porro Carcano, Giorgio
Prato Abrami, Gaetana
Prato, Francesco <2.>
Taverna Lonati Visconti, Anna, che ebbe anche: 15 2. ordine destro
Taverna, Lorenzo, che ebbe anche: 15 2. ordine destro
Terzaghi, Alessandro, che ebbe anche: 14 1. ordine destro
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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