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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 5, II ordine, settore sinistro

Il palco della Pelusina e dei Ponti
Nella storia del palco si sono avvicendati personaggi diversi per tempra, posizione sociale e biografia. Due i nomi al centro di una fascinosa vicenda: quello di una ballerina, Vittoria Peluso e quello della famiglia Ponti.
Ci avvicina a Vittoria Peluso il primo proprietario del palco scaligero, il discusso marchese Bartolomeo Calderara (1747-1806), figlio di Antonio e Margherita Litta Visconti, «donna sensibilissima e virtuosissima con un corpo difettoso», cui il figlio era molto legato. Bartolomeo fu uno dei quattro “Cavalieri Associati” impegnati nell’impresa del Nuovo Regio Ducal Teatro, La Scala: Castelbarco, Fagnani, Menafoglio e Calderara erano i titolari della gestione del teatro in merito alle rappresentazioni degli spettacoli, alla vendita dei posti al pubblico, allo smercio di bevande, all’allestimento dei tavoli da gioco. Dalla mente aperta e spregiudicata, frequentatore della cerchia raccolta intorno ai fratelli Verri e al periodico illuminista Il caffè, Bartolomeo, maestro venerabile della loggia massonica “La Concordia” e uno dei Quaranta notabili del consiglio nominato da Napoleone, era legato al famoso Cesare Beccaria non solo per stima e interessi, ma anche per l’ambiguo affaire intrattenuto con Teresa Blasco, la prima moglie del giurista e filosofo. Le posizioni politiche di Calderara erano più pose che reali convinzioni; lontano dagli impegni pubblici, il marchese infatti amava le feste e il teatro tanto da indebitarsi per la sua prodigalità e da sposare, con grande scandalo, la ballerina Vittoria Peluso (1766-1828), detta “La Pelusina”, ricordata da Parini nel sonetto Il pomo che a le nozze di Peleo; concluse la sua carriera nel 1782 al Teatro alla Scala, nella compagnia di Gasparo Angiolini, proprio l’anno prima del matrimonio. Il palco di Bartolomeo Calderara passò alla vedova, che insieme al palco ereditò un cospicuo patrimonio di case, cascine, terreni e ville patrizie, compresa la Villa del Garovo, a Cernobbio, ora Villa d’Este. Dopo un paio d’anni di vedovanza, la marchesa si rimaritò nel 1808 con il generale Domenico Pino (1760-1826) personaggio di primo piano durante il dominio napoleonico.
Dopo una vita intensa e avventurosa, con il rientro degli Austriaci Domenico Pino rinunciò a qualunque carica e decise di ritirarsi con la moglie nella villa di Cernobbio. La Pelusina morì nel 1828 e il palco a lei intestato rimase a lungo giacente in eredità, fino al 1830 quando venne rilevato da Carlo Parea (1771-1834), ingegnere di nobile origine spagnola. A lui si devono tanto importanti opere pubbliche, come i canali del pavese e i ponti di Boffalora e Vaprio, quanto imprese di irrigazione per nobili privati, quali i Belgioioso e i Borromeo. Il figlio Albino fu ingegnere capo della provincia di Milano, oltre che patriota delle Cinque Giornate.
Morto Parea, il palco troverà la sua destinazione definitiva nella famiglia Ponti, che ne manterrà la proprietà fino al 1920. Nata nel 1823 attorno al cotonificio di Solbiate Olona, la Ditta Andrea Ponti compare come intestataria sin dal 1834; fondata da Bartolomeo, Francesco e Giuseppe, e così chiamata in onore del padre Andrea, avrebbe avuto nel corso del secolo un prodigioso successo, non solo nel commercio e nella produzione dei tessuti, ma anche nell’ascesa e nel prestigio sociale dei Ponti. Bartolomeo (1817-1860), proprietario del palco fino alla morte, fu il capo della ditta, coordinando da Milano i commerci della materia prima e la distribuzione dei tessuti e guidando l’impresa con innovazione nella prima fase di crescita. Il grande capitale di cui dispose gli permise di avviare una sorta di attività bancaria, fornendo prestiti ed ipoteche a patrizi e grandi possidenti, e salvando con la propria liquidità, nel 1848, persino la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde.
Morto celibe, Bartolomeo lasciò il suo patrimonio milionario, compreso il palco scaligero, ai nipoti, figli del fratello Giuseppe. La vecchia ditta Ponti venne liquidata, Antonio (1818-1862) e Andrea (1817-1888), palchettisti nel 1884, fondarono una nuova impresa, l’uno nella filiale di Milano e l’altro a Olona. Morto improvvisamente il fratello Antonio, Andrea - omonimo del nonno - prese in mano le redini dell’intera società trasferendosi con la moglie Virginia Pigna e i cinque figli nella residenza milanese di via Bigli, in quel Palazzo Taverna che aveva ospitato nel 1848 il comitato insurrezionale capeggiato da Carlo Cattaneo. Andrea Ponti era il rappresentante ideale di quella classe dirigente illuminata e responsabile, legittimata dalla posizione etica e sociale ad esercitare il potere. Patriota, uomo di cultura e dedito al lavoro, amante del progresso e filantropo, Andrea Ponti era stimato tanto dai capitalisti che dagli operai. In un’ottica socialista e liberale, antesignana di una certa alta e ricca borghesia imprenditoriale del XX secolo, fondò società di mutuo soccorso e casse di previdenza, fece costruire mense, scuole e case per i suoi operai: a Gallarate dall’ospedale alla chiesa al teatro portano il suo nome. Mecenate, amante dell’arte, della scienza e della tecnica, fu tra i sostenitori dell’"elicoptero", il primo tentativo di aviazione dell’ingegnere Forlanini. Dopo l’acquisto del Lago di Varese, si dedicò anche alle infrastrutture, con opere di risanamento e partecipazione alle società ferroviarie. La sordità progressiva lo portò già in vita a dare la procura illimitata degli affari al figlio Ettore, che sarà eletto sindaco della città di Milano, anch’egli palchettista, e nominato primo marchese della famiglia, coronando il sogno dei ricchi, seppur progressisti, borghesi: avere il titolo nobiliare.
Giacente in eredità per anni, nel 1873 la famiglia passò il palco al vecchio fratello di Bartolomeo, Francesco Ponti, e dopo la sua morte, alla figlia Maura (1847-1933). Unita in prime nozze a Claudio Dal Pozzo, marchese di Annone, Maurina si risposò con il marchese Luigi Cuttica di Cassine, consolidando il legame parentale della famiglia con la nobiltà: la coppia era molto nota, lei per le competenze numismatiche (aveva una collezione di monete e medaglie napoleoniche) e per le attività di patronessa e benefattrice, lui per essere nel direttivo del Regio Verbano Yacht Club, socio del Museo Civico di Storia Naturale, oltre che presenza attiva, insieme ad Ettore Ponti della Società Anonima Meccanica Lombarda. Per la famiglia Ponti il possesso di questo e di altri palchi scaligeri suggellava il successo di una libera iniziativa imprenditoriale tipicamente lombarda.
Maura Ponti risulta titolare sino al 1920, anno in cui si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune inizia l´esproprio dei palchi privati.
(Maria Grazia Campisi)
 
Hanno posseduto questo palco:
Calderara, Bartolomeo, che ebbe anche: 8 1. ordine sinistro; 9 1. ordine sinistro
Cuttica di Cassine Ponti, Maura
Ditta Andrea Ponti
Parea, Carlo
Peluso, Vittoria, che ebbe anche: 9 1. ordine sinistro
Ponti, Andrea, che ebbe anche: 17 2. ordine sinistro
Ponti, Antonio
Ponti, Bartolomeo
Ponti, Francesco
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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