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Teatro alla Scala - Ufficio Ricerca Fondi Musicali - Conservatorio G. Verdi di Milano
I palchettisti della Scala 1778-1920

Palco n° 2, III ordine, settore sinistro

Nobili, carbonari, banchieri
Si legge nelle carte dell’Archivio Parrocchiale della chiesa dell’Assunta a Fontaneto d’Agogna (Novara) che fuori dal cancello della Santissima Cappella del Rosario furono sepolti il Marchese Antonio Rovida nel 1804 e la moglie Giuseppina Cottica (o Cuttica) nel 1808. Il marchese Antonio Rovida fu proprietario del palco con la sua famiglia dal 1778 al 1796 e dell’attiguo palco n° 1; gli stessi palchi posseduti al Regio Teatro Ducale prima dell’incendio del 1776.
Nel 1809 e 1810, anni del periodo napoleonico, utente del palco figura il marchese Luigi Erba Odescalchi.
Nel 1813 proprietario è Benigno Bossi (1788-1870) e dal 1814 al 1824 il palco viene condiviso tra Benigno e i suoi fratelli Galeazzo e Raffaele. Benigno, nobile, carbonaro e patriota, scriverà le sue memorie durante l’esilio in Svizzera. Nato nel 1788 a Como dal marchese Giovanni e da Clara Rossini, dopo la morte del padre abbandonò gli studi per dedicarsi, quale maggiore di sette fratelli, all’amministrazione dei beni di famiglia. Fu avverso al governo napoleonico come a quello austriaco e a Milano nel 1814 firmò con il generale Domenico Pino, Federico Confalonieri ed altri una petizione al senato di Milano per sfiduciare il viceré Eugenio di Beauharnais. Considererà i tumulti del 1814 un errore politico che favorì l’insediarsi degli austriaci. Continuò la sua opposizione verso gli invasori e quando nel 1820 il governo austriaco decise di ammettere d’autorità nel "casino dei nobili" gli ufficiali austriaci residenti a Milano, i nobili, oppositori degli Asburgo si dimisero: le dimissioni furono respinte e allora quei nobili si impegnarono a uscire da un palco del teatro o da una sala qualora fosse entrato un ufficiale austriaco. L’episodio del “casino dei nobili” spinse Bossi ad unirsi alla società segreta dei carbonari; fece poi parte del comitato insurrezionale e strinse vincoli d’amicizia e contatti politici con Federico Confalonieri e Giuseppe Pecchio. Giovanni De Castro, nel 1882, ci narra che il 28 gennaio 1824, giorno della lettura della sentenza capitale di sedici cospiratori, sette a Milano (lo ricorda ancora una lapide in piazza Beccaria) e nove, tra cui Bossi, in contumacia, i palchi scaligeri rimasero deserti. Bossi riparò a Ginevra dove conobbe Adelina Bertrand-Sartoris che sposò a Londra. Successivamente ritornò in Svizzera dopo il soggiorno di un anno a Bruxelles. Nel 1848, in seguito all´insurrezione delle Cinque Giornate di Milano, il governo provvisorio lo nominò rappresentante presso il governo Palmerston a Londra. Dopo l’esito catastrofico della prima guerra d’indipendenza nel 1849, Bossi ritornò a vivere stabilmente in Svizzera dove nel 1864 fu eletto a rappresentare l’Associazione italiana di soccorso per i soldati feriti o malati in tempo di guerra presso la Società ginevrina di utilità pubblica. Morì a Ginevra nel 1870.
Dal 1825 al 1833 il palco fu di proprietà di Donna Eleonora Fossani. Il suo nome si trova fra i soci di varie associazioni benefiche e in particolare risulta con suo marito Luigi tra gli “azionisti contribuenti al mantenimento degli Asili di Carità per l’infanzia in Milano”. I coniugi Fossani abitarono in contrada San Bernardino in Porta Ticinese.
Dal 1834 al 1868 il palco passò a Guglielmo Ulrich (1787-1867), banchiere danese, protestante. Fu membro di diverse associazioni e, fra le altre, fu Socio Perpetuo della “Pia Opera di Patronato pei carcerati e liberati dal carcere”. Fu tra coloro che, con l’avanzare del secolo, diversificarono e ampliarono le loro attività non operando solo nel campo della finanza. Nel ’37 fu Consigliere di Vigilanza del Monte delle Sete, nel ‘39 fu uno degli amministratori dell’impresa per rintracciamento, scavo e vendita fossili combustibili nel Regno Lombardo-Veneto. Dal 1838 fu membro del direttivo della Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri attiva nella modernizzazione dei processi produttivi. Come membro del Governo Camerale di Commercio nel 1848, al rientro di Radetzky a Milano, Guglielmo Ulrich chiese al neoeletto sindaco degli agenti di cambio di riaprire la Borsa per favorire il ritorno alla normalità. E sempre nel 1848 allorché il feldmaresciallo Radetzky impose un prestito forzoso di un milione e mezzo a carico dei commercianti iscritti nel ruolo delle tasse d’arte e commercio per la somministrazione dei generi di sussistenza occorrenti all’Imperial Regia armata in Italia, alla ditta Ulrich e Brot fu comminata la quota di Lire austriache 20.000; ne pagarono 16.000. Non mancò di offrire un suo contributo sia per la costruzione del tempio protestante a Milano, ancora oggi in via De Marchi, sia per il mantenimento del culto. La Banca Ulrich fu attiva a Milano dal 1825 al 1845, quindi, nei dieci anni successivi, come Ulrich e Brot (Brot era un banchiere svizzero), per poi ricostituirsi di nuovo come Ulrich e C. fino al 1895.
La Sede della Ulrich e C. fu Via Bigli 21, dove abitava la famiglia. Gli Ulrich parteciparono vivamente alla vita sociale ed economica milanese: Guglielmo fu tra i fondatori della Società dell’Unione costituita nel 1841, della Società del Giardino (1873) e consigliere di altre imprese e banche. Dopo l’Unità d’Italia negli elenchi dei soci appaiono i figli: Edmondo fu Consigliere della Banca Nazionale delle Costruzioni, membro del Consiglio di amministrazione della Compagnia d’Assicurazioni “Reale Vita”, reggente della sede di Milano della Banca d’Italia. Fu anche azionista della Società Generale Italiana di Elettricità sistema Edison, assieme al cognato Achille Villa, marito della sorella Emma. La Società Edison, per iniziativa dell’ingegnere Giuseppe Colombo, costruì a Milano la prima centrale elettrica dell’Europa continentale in via di Santa Radegonda, traversa di piazza Duomo, nell’area oggi occupata dalla Rinascente. Il 26 dicembre 1883, giorno d´apertura della Stagione con una riresa della Gioconda di Ponchielli,la luce elettrica arriva alla Scala sino a quel momento illuminata a gas: le lampade in totale erano 2.800, potevano però essere funzionanti in contemporanea 2.640, con un potere illuminante di 37.500 candele. La Scala fu il primo teatro d’opera al mondo a essere illuminato da energia elettrica.
Alla morte di Guglielmo nel 1869, i figli continuarono nella gestione della banca e nelle altre attività. Il palco alla Scala, invece, passò alla madre Francesca Ulrich Rossi e successivamente ai figli Alberto, Alfredo, Oscar ed Edmondo, palchettisti come fratelli Ulrich sino al 1920, quando, con l´istituzione dell´Ente Autonomo Teatro alla Scala, la proprietà dei palchi passò al Comune di Milano.
(Antonio Schilirò)
 
Hanno posseduto questo palco:
Bossi, Benigno <2.>, che ebbe anche: 16 3. ordine destro
Bossi, Galeazzo <2.>
Bossi, Raffaele
Erba Odescalchi, Luigi, che ebbe anche: 1 1. ordine destro; 2 1. ordine destro
Fossani Bossi, Eleonora
Rovida, Antonio, che ebbe anche: 14 2. ordine destro; 1 3. ordine sinistro
Rovida Cuttica, Giuseppa, che ebbe anche: 1 3. ordine sinistro
Rovida, Giuseppe, che ebbe anche: 14 2. ordine destro; 1 3. ordine sinistro
Ulrich, Alberto
Ulrich, Alfredo
Ulrich, Edmondo
Ulrich, Guglielmo
Ulrich, Oscar
Ulrich Rossi, Francesca
 
Guarda i proprietari del palco dal 1778 al 1920
 

 

    

  
 
 
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